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Come nasce un libro per bambini? #2

“Cos’è disegnare? Come ci si arriva? È l’atto di aprirsi un passaggio attraverso un muro di ferro invisibile che sembra trovarsi tra ciò che si sente e che si può.”

Così diceva Van Gogh, e chi può dargli torto? Come ho scritto nel precedente post, non è vero che noi illustratori sappiamo disegnare subito TUTTO. La distanza fra ciò che abbiamo in mente e quello che poi disegniamo sulla carta è tanta.  E va percorsa tutta. Come suggerisce ancora Van Gogh: “È necessario indebolire questo muro, erodendolo a poco a poco con costanza e pazienza”.

Costanza e pazienza, proprio così. A volte occorrono giorni, o settimane, per trovare un personaggio illustrato che ci assomigli. Che abbia dentro di se un pezzettino della nostra anima, come un Horcrux di Voldemort, per intenderci.

Sì perchè nei miei disegni, una parte di me c’è sempre: un ricordo, una cosa che mi piace, un’emozione, un’esperienza vissuta o immaginata…E capisco che ciò che ho disegnato va bene quando lo vedo sulla carta e…gli voglio un po’ di bene. Proprio così, devo riconoscermi in ciò che ho illustrato, ritrovare un po’ di me stessa.

Ma quindi come procedo concretamente, dopo aver fatto tutta la ricerca iconografica di cui vi ho parlato nel precedente post?

Prima di tutto, ho sempre, sempre con me, un quaderno degli schizzi. Che scelgo con cura, perchè devo sentirmi a mio agio quando ci disegno. Deve avere delle pagine ampie, una carta non troppo leggera e soprattutto un po’ ruvida (odio la carta liscia). Poi uso matite molto morbide, che accompagnano il gesto della mano, come minimo una 4B. E naturalmente cancello solo ed esclusivamente con la gomma pane, che mi fa anche da antistress (per chi non la conoscesse è una gomma morbidissima con la consistenza del Didò che si può nervosamente smanacciare mentre si disegna). Recuperato tutto questo materiale sono pronta per disegnare!

Si tratta, per riprendere il concetto di Van Gogh, di creare un “corridoio umanitario” fra il nostro cervello, il nostro cuore e la carta, per permettere alle forme, ai personaggi e alle idee di “spaccare quel muro” e comparire sul nostro foglio.

A volte questo passaggio avviene con naturalezza, e altre invece, è proprio impossibile tirar fuori qualcosa di buono dalla  matita. Una volta ascoltai un’intervista a Quino, il creatore di Mafalda che raccontava, con l’umiltà tipica dei grandissimi, che niente, ci sono dei giorni in cui devi disegnare le mani dei tuoi personaggi e ti vengono in un attimo, e giorni in cui ti è davvero impossibile illustrarle. Per me questa semplice frase fu rivelatrice: il fatto che un gigante come Quino si ritrovasse, dall’alto della sua esperienza, esattamente con le mie stesse difficoltà, mi rassicurò tantissimo! Pensai <Ma allora è così per tutti! Fa parte del processo creativo!>

Concretamente io, per sciogliere l’ansia che questo mi procura (il panico da foglio bianco, come ho scritto quidi solito la prima cosa che faccio è disegnare, come nel caso del mio libro “Giochi con me papà?”, gli animali “veri”, così come sono nella realtà, per capire esattamente come sono fatti, che forma hanno le zampe e il muso, che tipo di coda hanno, e così via. “Giochi con me papà?” ha infatti come protagonisti gli animali “umanizzati” cioè personaggi illustrati che hanno le caratteristiche degli animali, ma che hanno comportamenti, pose, ornamenti tipici dell’essere umano.

Disegno questi animali tante volte, con “pazienza e costanza”, riempio il mio quaderno degli schizzi, fino a che in qualche modo la mia mente e il mio occhio non hanno assimilato le caratteristiche dell’animale. In questo modo mi “rilasso”(relativamente, perchè non dimentichiamoci che noi illustratori abbiamo dei committenti che intanto, calendario alla mano, attendono la consegna delle nostra illustrazioni nei tempi stabiliti da un contratto) e posso passare senza accorgermene alla fase successiva…

A questo punto succede qualcosa di magico.

O almeno a me accade, o a me sembra magico. Improvvisamente sul foglio appare qualcosa… arrivano i personaggi che stavo cercando, i protagonisti dell’illustrazione. Sono una “sintesi” di una volpe o di un orso vero (mi riferisco al disegno qui sopra) cioè sono tradotti dal reale in forme nuove, che raccontano un po’ me stessa e un po’ il mondo che mi circonda. E’ come se la mia mente si fosse presa il tempo per rielaborarli a modo suo, ed eccoli lì, sul foglio!

Quando questo accade, il muro è rotto, l’ansia è sciolta, e la matita scorre veloce sulla carta.

Diventa tutto più semplice e costruire il mondo attorno ai tuoi protagonisti un gran divertimento. Spesso io mi concentro anche sui “personaggi secondari”, piccoli animalini, nel caso di “Giochi con me papà”, che so per certo i bambini scoveranno nell’illustrazione. E mi piace cercare un equilibrio nella doppia pagina fra i pieni e i vuoti, fra tutti i soggetti disegnati e gli elementi del paesaggio.

Così arrivo a quella che si chiama “matita definitiva”, cioè il disegno completo della doppia pagina del libro da presentare all’editore. Dopo qualche giorno il redattore con cui lavori ti scrive un feedback e ti suggerisce delle modifiche oppure ti da l’ok per passare alla colorazione (che gran sollievo quell’ok, sembra sempre di superare un esame!).

Quando le matite sono approvate, si può passare al colore, ma di questo, vi parlerò nel prossimo post! Stay tuned!

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