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Libri #9 Ingo e Drago

Voglio cominciare questo nuovo anno carico di aspettative riprendendo la mia piccola rubrichina senza pretese “Libri”, per mezzo della quale mi diverto a raccontarvi i libri per bambini che passano attraverso le mie mani e quelle del mio piccolo lettore, e che mi piacciono perchè sono divertenti, o utili, o semplicemente ben illustrati.

Non sono necessariamente freschi di stampa, nè hanno ricevuto premi particolari (ma di solito sì) e l’unico criterio che me li fa scegliere è che penso possano essere interessanti anche per voi.

Come nel caso di “Ingo e Drago” di Mira Lobe, edito da Piemme junior per la famosissima e pluripremiata collana “Il battello a vapore” (Serie azzurra) e illustrato dalla mitica Franca Trabacchi.

Il volumetto che mio figlio ha preso in prestito dalla biblioteca della scuola è del 1993 (l’originale credo risalga agli anni ’80), quindi vi sto per raccontare di un libro un po’ datato, ma con una storia così forte, da essere immune a qualunque tipo di invecchiamento. E comunque lo trovate ancora tranquillamente in commercio in nuova edizione (ma mi da molto gusto parlare di libri presi in prestito!).

L’autrice è dunque Mira Lobe, ebrea tedesca che ebbe vita non facile durante il nazismo e che fu costretta a lasciare la Germania a 20 anni per sfuggire alle persecuzioni. La maggior parte dei suoi libri parlano infatti di pace, tolleranza e cooperazione sociale.
“Ingo e Drago” invece racconta, con grande precisione e sensibilità, senza trascurarne nemmeno una sfumatura, cosa sia la “cura”.

La cura…se cercate la definizione sul vocabolario Treccani scoprirete che è una parola il cui significato non si può semplificare con qualche sinonimo, ma necessita di tante frasi che la descrivono, proprio perchè è un complesso sistema di azioni:
Interessamento solerte e premuroso per un oggetto, che impegna sia il nostro animo sia la nostra attività: dedicare ogni calla famigliaall’educazione dei figliai proprî interessiavere c., prendersi cdi qualcuno o di qualche cosa, occuparsene attivamente, provvedere alle sue necessità, alla sua conservazioneavere cdella propria personadei proprî oggettiavere cdel bestiamedei fioridell’ortonon darsi cdi nulla, disinteressarsi di tutto, essere indolente. “
Ma anche: Impegno, zelo, diligenzaporre cin qualche cosalavoro fatto con molta c.; indagare con la massima cura.”
Ed infine: Oggetto costante (costituito da persone o cose) dei proprî pensieri, delle proprie attenzioni, del proprio attaccamento”.

Che concetto difficile da spiegare ad un bambino, vero?
Ma quanto utile, soprattutto, ora, adesso, in questo tipo di mondo in cui stiamo vivendo (lo ammetto, io ho imparato sulla mia pelle cosa sia “la cura” solo grazie a mio figlio). In questo senso che strumento prezioso è questo piccolo libretto per provare a parlarne? 
Ma di cosa si prende cura il protagonista di questa storia, il piccolo Ingo?

La vicenda di Ingo e Drago comincia un po’ magicamente: Ingo gioca come al solito al parco con la sua palla, che si perde dietro ai cespugli. Di solito lì, oltre le siepi, c’è un muro, ma quel giorno misteriosamente non c’è, ed Ingo sbuca in un giardino nuovo, al centro del quale, al posto della palla, trova un grande e colorato uovo.” – Ciao uovo! – disse il ragazzino. – Ti porterò a casa. Adesso sei mio.”

Con questa ammissione, Ingo, inconsapevolmente avvia il proprio cambiamento personale, perchè da questo momento comincerà a prendersi cura dell’uovo e del suo “contenuto”.

Mi piace in questo libro il continuo rimando a quelli che sono i gesti delle mamme: appena Ingo prende l’uovo, se lo mette sotto alla felpa, e ne ride contento. “Era uno spettacolo: un bambino tutto arruffato, che si tiene la pancia con le mani e che parla da solo!”. Non è forse una donna incinta questa?
I primi giorni di cura Ingo porta a passeggio l’uovo nella carrozzina delle bambole della sorella, dorme con lui, lo tiene al caldo, lo protegge. Con l’approvazione complice della mamma e del papà, che accettano volentieri che lui si prenda cura di questo uovo come di un animale domestico.

Finalmente l’uovo si schiude, e la realtà cozza con la fantasia e le aspettative di Ingo: dall’uovo sbuca un verme biancastro e tremolante. Ingo ne è schifato, vorrebbe buttarlo, chiede aiuto alla mamma. E la mamma insegna la pazienza della “cura”. Gli dice ” – Tutti i neonati sono così, credimi. Anche tu non eri affatto bello.” La mamma aiuta Ingo a lavare la piccola creatura, come un neonato, ad avvolgerlo in una copertina delle bambole e ad osservarlo. “Forse non è un verme – disse Ingo speranzoso. – E se fosse una animale come si deve? Magari crescendo diventa bellissimo. – Ma certo! – disse sua madre. – Anche tu sei diventato bellissimo.”

Comincia così l’esperienza più ricca, difficile e complessa che Ingo abbia mai affrontato: crescere un cucciolo. Innanzitutto lo chiama “Drago”, poi comincia a nutrirlo, lo segue per tutta casa, deve pulire la sua cacca, avere pazienza per le sue bizzarie da neonata creatura sconosciuta. La mamma lo aiuta ma solo un po’: Drago è affare di Ingo. Ingo non ha più tempo di fare quasi nulla oltre ad occuparsi del piccolo essere ( ve la ricordate mamme questa sensazione?).

Drago cresce ogni giorno di più, mangia tantissimo, e Ingo lo porta al parco e lo fa conoscere ai suoi amici, che subito lo adorano. Ma combina ogni giorno nuovi guai (di cui di solito ai bambini piace tanto leggere, perchè ricordano loro la loro stessa goffaggine o i loro stessi errori) : distrugge i mobili di casa, rompe i giochi di Ingo ( che per reazione gli da un calcio – la rabbia – di cui si pente subito), da fastidio alle persone del parco, ruba il cibo in casa (il padre di Ingo comincia a chiamare Drago “bestiaccia malefica”)…

Ingo gli vuole un mondo di bene, lo considera il suo animale domestico e non vuole ammettere le difficoltà crescenti che ha nella cura del piccolo. Come al solito interviene la mamma, elemento equilibratore di tutta la vicenda: ” – No Ingo: è stato tuo quando era piccolo e aveva bisogno di te. – disse sua madre. – E adesso che è diventato grande di chi è?- chiese Ingo – Adesso di chi è? – Non è di nessuno. Appartiene soltanto a se stesso – rispose sua madre.”

E così Ingo scopre l’ultimo e il più difficile aspetto dell’atto di prendersi cura: il saper lasciare andare, quando l’oggetto delle nostre cure non ha più bisogno di noi…

Quando i genitori di Ingo, esasperati, vogliono portare Drago allo zoo, Ingo con l’aiuto dei suoi migliori amici, lo nasconde in un vecchio orto abbandonato, gli crea una cuccia, e lo lascia lì al sicuro, fino a quando...sulla schiena dell’animale spuntano due meravigliose e grandissime ali! Drago era davvero un drago!

“- Allora adesso te ne vai?- gli chiese. Drago sollevò la testa. la luce della luna si rifletteva nei suoi occhi. Dalla sua gola uscì un suono che Ingo non aveva mai sentito. Non era un ron-ron, e neanche un grugnito; era piuttosto un richiamo strano e malinconico. – Beh, parti quando vuoi…– gli disse Ingo. Drago si voltò verso il cancelletto e prese il volo, tagliando l’aria con le sue nuove ali.”

Per fortuna Ingo ha chi lo può consolare: “- Ti dispiace che sia finita così? – gli chiese la mamma.- Sei triste? –
– Non lo so…- disse. – Sono triste per me. Ma sono contento per Drago. Si può essere tristi e contenti nello stesso tempo?
– Sì certo che si può – rispose la mamma. – Lo vedi anche tu.
Ingo, avvolto nel cappotto della mamma tornò in casa. A poco a poco, il calore tornò a scorrere dentro di lui.”

Ingo e Drago

Autore: Mira Lobe

Illustratore: Franca Trabacchi

Editore: Piemme junior

Età consigliata: dai 7 anni

 

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